Un boss che in regime di carcere duro fa arrivare una sua lettera a un giornale e il direttore che gliela pubblica come se nulla fosse. Storia dell’ultima anomalia de «La Sicilia» di Mario Ciancio
Nella città più analfabeta e povera d’Italia, dove l’illegalità diventa legge, dove chiudono un bar (il Tahiti) perché ritrovo di pregiudicati; nella città in cui i vertici di Confindustria Catania sono sciolti dai probiviri nazionali perché schierati contro la strategia antiracket del presidente Ivan Lo Bello – definito “monotematico” –, accade che un condannato al 41 bis, un mafioso, figlio di un boss spietato, scriva sul quotidiano «la Sicilia» una lettera aperta, dichiarando la sua innocenza. E che «la Sicilia» gliela pubblichi come se niente fosse
Una posizione strategica. “Santapaola Jr: contro di me pregiudizi perché porto un nome pesante”. Questo il titolo della lettera pubblicata lo scorso 9 ottobre. Apparentemente una lunga difesa di se stesso. “Enzuccio” Santapaola si professa innocente, perseguitato, vittima di un nome “pesante”. Il primo fatto, terribilmente ordinario, è che l’editore-direttore de «la Sicilia», Mario Ciancio, pubblichi la lettera di innocenza del figlio dell’assassino del giornalista antimafia Pippo Fava, il superboss Nitto Santapaola, mentre continua a censurare il figlio di Pippo Fava, Claudio.
Il secondo...